
La mia è una famiglia di emigranti…veniamo dal Cilento, una bella zona del sud Italia divisa tra mare e colline, ma povera, anche di speranze. Negli anni ‘60 mio nonno materno è andato a lavorare come operaio in una fabbrica toscana per qualche anno. Mio padre aveva sei fratelli e una sorella, famiglia numerosa, come voleva il regime fascista… ma la terra da lavorare agli inizi degli anni ’50 non era sufficiente per tutti quanti: i più sono dovuti emigrare, chi in Brasile, chi in Svizzera, chi in Lombardia, nel Lazio, mio padre nel Veneto. Gli impieghi sono stati i più disparati: operai, bidelli, militari, i più intraprendenti sono riusciti ad aprire delle piccole imprese in sud America. Solo uno è rimasto al ‘paese’, il maggiore dei fratelli, zio Francesco. Malgrado le distanze però l’attaccamento alla terra di provenienza è sempre stato forte, ogni famiglia, quando possibile, ritornava a ’casa’ nel mese di Agosto o nel periodo di Natale. La casa in campagna di zi' Cicc’ e zia Jolanda era il punto di riferimento per tutti quanti e ritrovarsi era sempre una festa, per adulti, i cugini più grandicelli, ed anche per me e i miei fratelli, che facevamo parte dell’ultima ‘covata’. Quella casa era il luogo di incontro dove era possibile ancora vedere la vita così come si ripeteva da generazioni, una vita che assecondava i ritmi della natura, l’allevamento delle bestie, la potatura delle viti, la vendemmia, la raccolta delle olive.
Zia Jolanda c’ha lasciati qualche anno fa, zio Francesco, un uomo piccolo ma tenace, se ne andato da pochi giorni …l’impressione che ne ho ora è che con lui sia finito un ciclo, che con lui se ne sia andata l’ultima testimonianza di un mondo che è durato secoli, che ha attraversato le generazioni della mia famiglia ed il progresso si è portato via in soli pochi decenni…

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